Continuano le avventure a Wildemount. In questa pagina sono riassunte le sessioni 56-60.

Sessione 56: i Volstrucker

Jan ha raggiunto il giardino del sanatorium. Appena uscito dalla botola, il ragazzo aiuta i due prigionieri a scendere dalla scopa volante. Poi si rivolge all’oggetto magico e inizia a parlarle: “Torna da Gil-Galad”, le dice, ma la scopa rimane immobile. Alle sue spalle, la voce di Nefeli sussurra una frase in elfico: “Gwil-na Gil-Galad”. La scopa si anima immediatamente e si infila nella botola in direzione del dungeon.

Jan, Nefeli e Sing iniziano ad esplorare il giardino del sanatorium. Cercano una via d’uscita. La costruzione e’ circondata dalle alte mura dell’antico castello, disposte su un perimetro ottagonale. All’interno 3 costruzioni sono ospitate da un giardino lungo un centinaio di metri. La botola che ha permesso al gruppo di uscire dal dungeon si trova nella parte nord del complesso mentre il cancello che permette di attraversare le mura si trova a sud.

Sing cerca di avvicinarsi al cancello sfruttando la copertura della notte. Due guardie stanno discutendo con un gruppo di persone che sta cercando di accedere alla struttura. Potrebbe trattarsi dei rinforzi che il gruppo stava aspettando ma, nell’incertezza, Sing, Nefeli e Jan decidono di non farsi notare.

Jan prende dal suo zaino un paio di strani guanti e li indossa. Poi si carica sulle spalle uno dei due prigionieri ed inizia a scalare le mura a nord del complesso. Come innesti immateriali, dalla schiena del ragazzo si materializzano lunghe braccia meccaniche che lo aiutano a scalare rapidamente le alte mura di pietra.

Nefeli decide di seguire l’esempio dell’umano ed inizia ad arrampicarsi a sua volta mentre Sing, poco convinto della scelta, corre a raggiungere i due amici.

Nel frattempo Gil-Galad, rimessosi in piedi, e’ impegnato a tenere a bada le guardie che, ormai, lo circondano. Il paladino e’ stanco, ma la voce di Mary – la creatura che abita nella sua frusta – continua ad incitarlo e a dargli forza. L’anziano gnomo e’ sulla porta che separa la stanza verde dalla stanza blu. Sfruttando la protezione delle mura colpisce i suoi nemici, per poi disingaggiare schivando gli attacchi. Ai suoi piedi, i triboli che ha sparso sul pavimento, rendono goffi i movimenti dei suoi avversari mentre lui dirige la sua frusta a mordere le carni delle guardie della prigione. Un altro soldato cade morto ai suoi piedi quando la scopa magica fa capolino dal passaggio diroccato della stanza blu. Nella stanza verde e’ rimasto soltanto Finnan. Gil-Galad sa che il barbaro e’ capace di cose incredibili. conta sul fatto che se la cavera’. Cosi’, mentre assesta un ultimo colpo ad uno dei soldati, il paladino sale sulla scopa e pronuncia la frase di comando: “Gwil-nin,” dice in elfico, “fammi volare,” e dirige la scopa verso la botola e la liberta’.

Continuando a volare, Gil-Galad vede i suoi 3 compagni che si stanno arrampicando sulle mura e lancia la polvere dell’invisibilita’ nascondendo se’ stesso, Sing e Nefeli. Poi raggiunta l’estremita’ delle mura si guarda intorno: vede il drappello del Cobalt Soul all’ingresso, chiude gli occhi e si concentra. “Fate rumore,” aveva detto Jester. Il paladino crea l’illusione di un urlo agghiacciante che rompe il silenzio della notte del sanatorium. Gil-Galad vede i monaci del Cobalt Soul lanciarsi di corsa verso la sorgente dell’urlo. I rinforzi stanno arrivando.

Finnan vuole liberare l’ultimo prigioniero del dungeon. Davanti al cancello della cella e sfruttando la capacita’ di teletrasportarsi, il barbaro usa il suo martello per colpire sia le guardie che il lucchetto della cella. Gli spazi sono stretti e manovrare l’enorme martello da guerra e’ complicato. Finnan colpisce con forza il lucchetto che si incrina ma non si spezza. Sfruttando l’inerzia del movimento dirige il martello contro una delle guardie che lo sta attaccando spezzandogli la schiena. Poi, continuando a ruotare l’arma la dirige sul lucchetto della cella che si rompe in uno schianto.

Mentre para i colpi dei soldati, Finnan urla al prigioniero di scappare. Alza il suo martello preparandosi per un nuovo attacco. Davanti a se’ ha due guardie della prigione.

Mentre sta per abbattere il martello sui suoi nemici, Finnan vede entrare nella stanza 4 maghi. Come in un deja vu, Finnan si ritrova catapultato anni addietro, quando tra quelle stesse mura in cui si trova adesso veniva torturato da maghi vestiti esattamente come i 4 appena arrivati. Le lunghe tuniche scure, i volti privi di emozioni, gli occhi determinati e crudeli.

I 4 uomini danno una rapida occhiata alla situazione. Un attimo dopo due di loro scompaiono mentre nella testa di Finnan si materializzano ricordi spaventosi e terrificanti. Il barbaro capisce che i maghi stanno cercando di entrare nella sua testa. Si scuote di dosso l’influenza dei loro incantesimi e si prepara a lanciarsi all’attacco.

Uno dei due maghi ancora visibili lo guarda, mugugna qualcosa in un’antica lingua. L’aria intorno a Finna diventa fredda, poi gelida, poi il dolore esplode dentro di lui. Finnan irrigidisce i suoi muscoli, urla per darsi forza cercando di resistere alla magia dei torturatori. Intorno a se’ le guardie della prigione si piegano per il dolore, anche loro investiti dal gelo magico. Una di esse crolla a terra morta, poi un’altra, e un’altra ancora. Finnan si gira a guardare il prigioniero che voleva salvare. L’uomo emaciato e indebolito dalle torture ricevute non resiste all’ondata di freddo magico e cade a terra con gli occhi sbarrati.

E’ arrivato il momento di andarsene. Finnan si concentra e lo spazio si squarcia ancora una volta. In un attimo il barbaro e’ alle scale diroccate e corre fino ad uscire dalla botola raggiungendo i suoi amici. Sente i rumori di passi veloci che si dirigono verso di lui. L’aria fresca del giardino gli dona una confortante sensazione di liberta’. Ce l’hanno fatta, sono salvi.

Poi il terreno inizia a tremare.

Sessione 57: Pentitevi!

Bastano pochi secondi per trasformare completamente la situazione in cui i Vaniddazza’s si ritrovano. Le pareti del dungeon stanno crollando. I rinforzi di metallo, utilizzati per tenere in piedi le vecchie mura, sono stati danneggiati dagli esplosivi di Jan. Lentamente, ma inesorabilmente, il giardino del Sanatorio di Vergesson inizia ad essere inghiottito dal terreno sottostante.

Un primo cratere si apre sotto l’edificio di nordovest che ospita la cucina del sanatorio. Lo schianto dei piatti che cadono dai mobili si mischia con il cupo rumore di legno che si spezza. Poi uno scoppio, e dalla cucina fuoriescono lingue di fuoco che immediatamente appiccano incendi nel giardino ricco di cespugli e fiori.

Il secondo cratere si apre sotto la fontana scoprendo lo strano marchingegno magico che la alimenta. L’acqua viene portata in superficie da un costrutto verticale. Ci sono diverse serie di grosse placche di pietra che ruotano creando il flusso arcano che spinge l’acqua nella fontana. Le placche hanno la forma di enormi foglie e sembrano sospese senza sostegno, alimentate anch’esse dalla magia. Una delle foglie si incrina e l’acqua inizia a formare violenti spruzzi lanciati dal marchingegno rotto in tutte le direzioni.

Le prime luci del mattino rischiarano il giardino. Gli ospiti del sanatorio sono stati svegliati dai rumori e dal movimento del terreno e sono usciti dalle loro stanze. Anche i domestici della struttura sono usciti all’aperto. Nel giardino, oltre ai Vaniddazza’s e ai monaci del Cobalt Soul, ci sono una quarantina di persone prese dal panico.

Finnan si carica sulle spalle il prigioniero del dungeon ed inizia a correre verso il cancello del sanatorio. Il barbaro si fa strada saltando i fossati che si stanno creando nel giardino. La sua forza e’ incrementata dalla nuova cinta magica e Finnan riesce a mettere in salvo il prigioniero mentre cerca, contemporaneamente, di aiutare gli ospiti del sanatorio a raggiungere l’uscita.

Jan, nel frattempo, e’ salito sulle mura nord della struttura e osserva dall’alto la situazione che si e’ venuta a creare in giardino. E’ esausto per le fatiche della notte. Dalle porte delle mura sono arrivati nel giardino i maghi del dungeon ed alcune guardie. Il ragazzo capisce che e’ prioritario permettere ai suoi compagni di scappare. Nel tentativo di rallentare le azioni degli aguzzini della prigione, Jan si concentra e trasforma le sue sembianze usando i suoi poteri. I tratti facciali scompaiono dal suo viso. Intorno alla sua testa si formano otto raggi luminosi mentre la faccia assume la forma dell’icona del dio Pelor. 

“Pentitevi! Pentitevi per le sciagurate azioni commesse in questa prigione! Pentitevi per il sangue con cui avete macchiato le vostre mani!”

I Vaniddazza’s riconoscono immediatamente la voce di Jan e capiscono le intenzioni del ragazzo. Le guardie, invece, sono atterrite. L’incendio che divampa nel giardino, il crollo del terreno, l’Avatar di Pelor che li giudica per le loro azioni. Alcune guardie si inginocchiano chiedendo perdono, altre iniziano a scappare dimenticandosi degli intrusi che si sono intrufolati nella prigione.

Nefeli e Sing stanno scalando lentamente le mura nord della prigione. In alto, sopra di loro, Jan sta recitando la sua commedia. I due, ancora invisibili, affrettano la scalata. Ma le mura stanno tremando per il crollo della prigione. Sing infila la sua mano metallica nello spazio che separa due delle grandi pietre delle mura. Aggrappandosi al masso cerca di tirarsi su, ma la pietra si stacca dal muro e il bardo precipita. Nefeli e’ poco piu’ in basso dell’amico. Vede il masso cadere verso di lei. La maga della dinastia si concentra mentre cerca di ricordare un rituale studiato in uno dei suoi libri. Ricorda la formula. Mentre il masso le cade addosso completa il rituale. Il suo corpo diventa un’ombra nera come le profondita’ del sottosuolo. Poi scompare per riapparire sul camminamento delle mura. Sente il tonfo del suo amico che precipita sul prato del sanatorio. Al suo fianco, Jan sta urlando frasi da apocalisse. Poco piu’ avanti, a cavallo della sulla scopa, Gil-Galad sta volando a 50 piedi di altezza.

Il paladino sta cercando di aiutare Jan. Conosce bene il potere della religione. Con voce tonante, sfruttando la sua retorica, Gil-Galad sottolinea ogni frase di Jan. Volando con la sua scopa torreggia sulle guardie della prigione. Li indica, lancia loro frasi di accusa, con l’atteggiamento di un giudice severo ed impietoso. Le sue frasi fanno breccia nella corazza che attanaglia i cuori degli aguzzini. “Perdono,” urla qualcuno. Gil-Galad rincara la dose. Si alza in piedi sulla sua scopa mentre sottolinea il suo sdegno con l’espulsione di fluidi corporei.

Poi, uno spruzzo proveniente dal macchinario rotto della fontana, lo colpisce in pieno. Gil-Galad perde l’equilibrio, precipita dalla scopa volante e impatta dolorosamente sul giardino sottostante. Un manipolo di guardie che si era inginocchiato a chiedere perdono, si rimette in piedi. La farsa perde credibilita’. Un alfiere di Pelor che precipita da una scopa. Non e’ credibile. Le guardie gli si avvicinano minacciose.

Nefeli sta osservando la scena dall’alto delle mura. Capisce che il vecchio gnomo e’ in pericolo. Si concentra. Ha studiato gli incantesimi che permettono di creare il fuoco. Vuole usarli per creare una barriera tra Gil-Galad e le guardie. Si concentra mentre la gemma della sua tiara si illumina. Allunga il braccio e schiude la mano. Una piccola goccia di pece nera appare nel palmo della sua mano per poi volare in direzione di Gil-Galad. Mentre vola, la goccia si espande e il suo colore passa dal nero al rosso sangue.

Gil-Galad, steso a terra, riapre gli occhi dopo il forte impatto. Come a rallentatore, vede la sfera rossa volare verso di lui. Forse qualcuno gli ha lanciato una protezione. O magari una cura. Ha fiducia nei suoi compagni. Qualcuno sta cercando di soccorrerlo.

Poi la sfera esplode. Gil-Galad e’ investito dall’esplosione. Il dolore alla schiena dovuto alla caduta si somma al dolore delle bruciature sul viso e sul corpo. Il giardino si riempie di fiamme. Gli ospiti del sanatorio stanno cercando di mettersi al riparo. Le guardie ed i maghi sono allo sbando.

Beauregard Lionette non perde la calma. Corre ad aiutare Finnan e poi manda i suoi monaci a prelevare Sing e Gil-Galad. Jan e Nefeli, insieme al prigioniero salvato da Jan, raggiungono il gruppo all’entrata del sanatorio, dove un carro del Cobalt Soul li aspetta per scappare. Il gruppo si allontana da Vergesson mentre urla di sgomento si sommano ai rumori delle strutture che crollano.

All’interno del carro l’atmosfera e’ tesa. Dopo alcuni minuti di silenzio, Beau inizia a chiedere spiegazioni. In particolare e’ sorpresa della presenza di Nefeli e Sing. Aveva gia’ incontrato Finnan, Gil-Galad e Jan a Verstglade. Ricorda di aver gia’ visto Sing all’accademia di Rosohna. Anche se non le era stato presentato, lo strano costrutto l’aveva colpita. Ricorda che Essek le aveva detto che si trattava di un suo amico, appellativo strano per un congegno. In ogni caso si tratta di una persona della Dinastia. Inoltre Nefeli e’ una drow, il che rende la situazione ancora piu’ pericolosa. Come membro del Cobalt Soul, se venisse scoperta ad aiutare esponenti della Dinastia, potrebbe essere accusata di tradimento e condannata a morte.

Inizialmente, Nefeli e Sing cercano di convincere Beau di essere stati inviati da Essek per supportare i Vaniddazza’s. Beau, pero’, sa che Essek non l’avrebbe mai messa in una situazione cosi’ pericolosa. Dopo un duro confronto, i due amici ammettono di aver raggiunto i Vaniddazza’s senza l’approvazione di Essek. Gil-Galad ha imparato a fidarsi dei due nuovi compagni. Nonostante la loro inesperienza si sono dimostrati coraggiosi. Con l’aiuto di Finnan e di Jan riesce a convincere Beau che i due stranieri fanno ormai parte del gruppo e sono persone di cui e’ possibile fidarsi.

Beauregard allora informa il gruppo di cio’ che li aspetta: il carro attraversera’ la foresta di Pearlbow e li portera’ a Rexxentrum, capitale dell’Impero e citta’ estremamente pericolosa per chiunque faccia parte della Dinastia.

C’e’ il tempo di riposare un po’. Il viaggio richiedera’ alcuni giorni. Il sole sta sorgendo e per Finnan, Gil-Galad e Jan, la luce debole del mattino e’ un confortante presagio al termine di una notte pericolosa.

Per Nefeli e Sing, invece, la vista del sole che sorge e’ un’esperienza completamente diversa. Per decenni i due amici hanno vissuto nella notte rassicurante e magica di Rosohna. Ora il mondo, illuminato dall’astro di Pelor, si riempie di colori nuovi e ormai dimenticati. Nefeli ricorda quando, decine di anni prima, ha lasciato il sottosuolo privo di luce per esplorare la zona in cui sarebbe nata la citta di Rosohna. Ricorda quando, per la prima volta, la luce della luna e delle stelle aveva riempito il grigio degli oggetti con una miriade di colori. Ora ne vede di nuovi e meravigliosi. I due amici sono in una zona del mondo che odiano. Li aspetta un futuro pericoloso. Sono in compagnia di estranei. Ma i colori del bosco sono la cosa piu’ bella che abbiano mai visto in molto tempo. Finalmente sono in viaggio. Finalmente potranno scrivere le pagine della loro avventura (Livello 8). 

Sessione 58: il pozzo Divino

I Vaniddazza’s si sistemano alla meglio nel carro cercando di riposare un po’. L’aria di montagna e’ fredda e le coperte dei monaci del Cobalt Soul aiutano i cinque amici a trovare un po’ di calore. Sing usa il suo mantello per coprire Nefeli prima di mettersi a riposare. Il costrutto, in realta’, non dorme mai. Seduto in un angolo del carro resta vigile ma inerte assicurandosi che gli amici possano dormire un sonno tranquillo. 

Per Sing il sonno e’ sempre stato un mistero. I “vivi” hanno quella strana abitudine di estraniarsi dai loro corpi per viaggiare liberi in mondi oltre i confini di Exandria. Per lui le cose sono diverse. Lui e’ il suo corpo. Lui e’ i suoi ingranaggi, le sue rotelle, l’arcana energia che lo alimenta, la nebbia della sua candela magica.

Nefeli, nel frattempo, si immerge nella profonda meditazione che i Drow chiamano Trance. E’ il retaggio ancestrale dei figli di Corellon che condividono esperienze, emozioni, paure, conoscenza. Ripetendo gli esercizi che ha imparato da bambina, la maga si immerge nel bacino comune formato dalle coscienze condivise del suo popolo, dei suoi fratelli e sorelle, presenti e passati. Nefeli cerca consiglio e guida a supporto del futuro che l’aspetta.

Passano alcune ore e i cinque avventurieri si svegliano. Beauregard e’ molto incuriosita dai Vaniddazza’s. Per il curatore del Cobalt Soul ottenere informazioni e’ la parte piu’ importante del suo lavoro. I Vaniddazza’s decidono di condividere, con lei e con i nuovi amici della Dinastia, le informazioni di cui sono entrati in possesso negli ultimi mesi. Parlano dei Tramagli Capitali, degli Angel of Iron, delle intenzioni della Bright Queen di creare un legame tra la Dinastia Kryn e l’Impero. Spiegano che la missione nel dungeon di Vergesson era motivata da questioni personali, raccontano di Warrick e delle torture subite da Finnan.

Beauregard mantiene un atteggiamento di indecifrabile, curiosa corialita’. Nefeli mette alla prova le sue capacita’ e cerca di percepire i pensieri del monaco, rendendosi conto che la donna, anche se non lo da a vedere, prova ammirazione per il gruppo di avventurieri. Sono stati folli, avventati, stupidi, ma la paura non gli ha impedito di fare cio’ che ritenevano giusto.

Nei primi due giorni di viaggio Beauregard e Gil-Galad legano molto. Il paladino e’ un libro pieno di storie da raccontare. Gil-Galad descrive i suoi viaggi in giro per l’Impero, le persone con cui ha fatto affari, le avventure in cui si e’ trovato invischiato. I giorni passano veloci nonostante la scomodita’ del carro. La notte il gruppo, formato dai Vaniddazza’s e dai 9 monaci, si accampa sfruttando il riparo della fitta foresta.

La temperatura diventa sempre meno rigida mentre il gruppo si allontana dalle montagne. Di notte, una strana melodia appena udibile fa da sottofondo ai suoni della foresta. Gil-Galad ricorda di aver letto di esseri che vivono in simbiosi con la natura. Creature magiche e benevole che custodiscono e proteggono le foreste con i loro poteri. Il paladino, durante il suo turno di guardia notturno, ha anche l’impressione di vedere uno di questi esseri mentre si avventura tra gli alberi cantando le sue canzoni magiche.

La seconda notte di viaggio Nefeli riceve un regalo dagli spiriti del suo popolo. Durante il suo turno di guardia, la maga nota un gufo bianco che, da un ramo, la guarda. Appena incontra lo sguardo dell’animale, Nefeli capisce che la creatura e’, in realta’, l’incarnazione di uno spirito venuto a sostenerla e aiutarla. Un famiglio, con cui instaura immediatamente un legame empatico.

Quella stessa notte, Nefeli e Sing hanno anche la possibilita’ di chiacchierare un po’ sulla situazione e sui loro compagni di viaggio. Le informazioni che Finnan, Gil-Galad e Jan hanno condiviso spiegano l’interesse della Dinastia per quel gruppo di improbabili eroi. Certo, sono incivili. Certo, sono folli. Certo, puzzano, specialmente uno di loro. Ma, tutto sommato, sono simpatici.

Sing cerca di scoprire il mistero che avvolge uno degli oggetti trovati nel dungeon di Vergesson. Un piccolo oggetto a forma di asta circondato dalla protezione della magia. Il bardo riesce ad eliminare la barriera che protegge l’oggetto e si rende conto di avere tra le mani una chiave per una sacca intra-dimensionale. Strumenti di questo tipo sono spesso utilizzati dai maghi per nascondere oggetti di valore tenendoli fuori della realta’ materiale. Per attivare la chiave, pero’, serve conoscere il rituale usato dal proprietario per creare la sacca.

Il terzo giorno di viaggio il gruppo nota una costruzione formata da foglie, rami e viticci. Le piante e le radici degli alberi sembrano essersi curvati ed intrecciati per formare un pozzo naturale. Gil-Galad ha sentito parlare di posti simili in cui il potere della magia e’ particolarmente forte. Sing ha letto di alcuni sciamani che utilizzano luoghi simili per mettersi in contatto con gli Dei. Il gruppo decide di esplorare la strana costruzione.

Sulle pareti del pozzo i viticci formano un’iscrizione in una lingua che nessuno dei presenti conosce. Jan utilizza il suo elmo magico per decifrarne il significato. Il senso dell’iscrizione si racchiude in 4 concetti: con animo puro, poni la tua domanda, usa un ramo e lancialo nel pozzo, otterrai la tua risposta. Il gruppo si interroga sulla possibilita’ di trovarsi in presenza di uno strumento di comunicazione con le divinita’. 

Sing decide di testare il meccanismo. Avvicina la mano al pozzo ed un pezzo di viticcio si distende nel suo palmo. Il bardo raccoglie il piccolo rametto e pone la sua domanda: “Da dove vengo io?“.

Quando lancia il ramo nel pozzo le piante iniziano a muoversi. Il pozzo si chiude inghiottendo il pezzo di legno e la domanda di Sing. Per qualche secondo non succede nulla. Poi, l’aria comincia a muoversi. Un vento, innaturale e potente, inizia a girargli vorticosamente intorno. Sing dondola, incapace di rimanere fermo. Nella sua mente si formano immagini. 

I suoi sensi sono ancora attivi. Sing vede la radura, i suoi compagni di viaggio, gli alberi della foresta. Ma, allo stesso tempo, come se si trovasse anche altrove, vede altre persone. E’ in diversi posti. In diversi tempi. Contemporaneamente. 

Ha l’impressione di riconoscere alcune delle persone che sta guardando. Stanno parlando a classi di studenti. O forse stanno raccontando storie. Alcuni stanno ridendo seguiti dal loro pubblico. Altri hanno gli occhi seri mentre le loro parole alimentano le lacrime emozionate dei presenti. Poi altre immagini, altri posti. Le stesse persone che Sing pensa di conoscere. Stanno lavorando assieme. Assemblano, avvitano, tagliano, collegano. Si guardano soddisfatti, sorridenti. 

E poi ancora. Teste tagliate. Impalate su picche di legno. Spade insanguinate che trafiggono persone nel loro letto. E frecce che raggiungono altre persone intente a scappare. Sono le stesse persone che Sing pensa di conoscere. Le stesse che raccontavano storie.

Le realta’ che Sing sta vivendo si moltiplicano. Sono tante. Sono troppe. Sing tenta di resistere. Poi un pensiero: “un animo puro”. La testa gli fa male. “Non ho un animo puro”. Chiude gli occhi, ma l’esperienza e’ troppo grande per lui. Sviene e cade sull’erba della foresta.

Gli altri presenti non hanno sentito il vento, non hanno avuto le visioni. Hanno visto Sing cadere a terra privo di sensi. Nefeli si avvicina. Per la prima volta vede il suo amico in quello stato. Sing non sviene mai, non perde mai conoscenza. Inizialmente non sa cosa fare. Poi gli posa una mano sul viso, lo chiama, “svegliati” gli urla. 

Sing e’ al buio. E per la prima volta in vita sua non e’ con il suo corpo. Non e’ il suo corpo. La voce di Nefeli lo raggiunge attutita e lontana. Sing si sforza di tornare in se’. Apre gli occhi, e’ di nuovo nel suo corpo. E’ di nuovo i suoi ingranaggi. Nefeli ha gli occhi sgranati per la paura. Il bardo si alza, lentamente. “Questo pozzo permette di parlare con gli Dei,” dice, e si dirige verso il carro.

Sessione 59: abbellire la foresta

Il pozzo Divino si trova su una piccola radura, nascosto dai fitti alberi della foresta, ad una ventina di metri dallo stretto sentiero che il carro del Cobalt Soul sta percorrendo. Mentre Sing, seguito da Nefeli, cammina verso il carro, Finnan nota un movimento nel terreno della foresta. Una zolla d’erba si solleva ed una creatura gigantesca emerge dal sottosuolo. Ha il corpo di serpente e il viso da umanoide. La parte emersa in superficie e’ alta piu’ di 3 metri ma la coda non e’ visibile, ancora sommersa nella galleria da cui la creatura e’ spuntata.

L’essere inizia a parlare con aria minacciosa:

Haerin afiraden beaqil. Tyu ne pak iyi. Ev der nieji boeye. Xerabi deli dinbuna te xigere.

Beauregard immediatamente dice a tutti di rimanere immobili. Il monaco ha compreso le parole pronunciate dalla creatura. Anche Jan, grazie al suo elmo magico ha capito il messaggio dell’essere:

Folli creature, andate via. Voi non siete puri. Questo posto non e’ per voi. Il male inseguira’ la vostra follia.

Gil-Galad ha gia’ visto esseri simili nelle illustrazioni di diversi tomi religiosi. Si tratta di un Naga Guardiano. Una creatura creata per preservare luoghi sacri. Il paladino ha letto che i guardiani di questo tipo circondano i luoghi da proteggere con flora e fauna magica e pericolosa. Sa, inoltre, che queste creature possono essere lunghe diverse decine di metri e possono essere molto aggressive se non si seguono le loro direttive. Cercando di mantenere la calma e rimanendo immobile informa i compagni riguardo la natura del guardiano.

Il gruppo e’ ancora indeciso su come gestire la situazione. I monaci sono in posizione di difesa, aspettando un comando da Beau. Il guardiano oscilla la sua enorme testa, minaccioso. Jan, in un sussurro, rivolto a Beauregard dice: “se conosci la sua lingua digli che anche noi abbiamo un legame con le Divinita’“. Il Naga si gira immediatamente verso Jan allungando il suo collo e scrutandolo con attenzione. Continuando a parlare nella sua lingua si rivolge direttamente al giovane umano. Le sue parole arrivano tradotte nella mente di Jan grazie all’elmo magico: “Quale legame avete voi con le Divinita’?

L’atteggiamento del Naga e’ severo. Jan cerca accuratamente le parole. Si schiarisce la voce.

La nostra missione e’ preservare la barriera che divide Exandria dal Divino.

La faccia, enorme e minacciosa del Naga, continua ad oscillare davanti al viso di Jan.

Alcuni di noi hanno il supporto degli Dei.

Ancora il guardiano osserva, severo, il giovane umano.

Mentre Jan parla, Finnan nota che una strana muffa nera come la pece sta strisciando sul terreno erboso della foresta. La sostanza avanza lentamente e sta accerchiando il gruppo formato dai Vaniddazza’s e dai monaci del Cobalt Soul. Jan afferra il suo medaglione a forma di aquila. L’unico oggetto che la madre gli ha lasciato prima di abbandonarlo a Hupperdook. Ricorda la frase che attiva il medaglione. La ripete, mentre, chiudendo gli occhi, si concentra sul ricordo della madre:

Xalicas ivae aegis tel’quiet

L’aria che circonda Jan si illumina improvvisamente mentre il medaglione rilascia il suo accecante bagliore. Parte della muffa nera viene investita dalla luce e si dissolve immediatamente in una nuvola di cenere. Il guardiano parla a Jan:

Se Xalicas e’ con voi io non saro’ contro di voi.

Il suo corpo si ritira nella galleria da cui era spuntato scomparendo sottoterra.

La maggior parte della muffa nera e’ stata distrutta dal medaglione di Jan ma un piccolo residuo separa il gruppo dal carro. Mentre, lentamente, si sposta sull’erba, la strana sostanza diventa gelatinosa e forma piccole escrescenze a forma di fungo. Appena il guardiano si allontana, i monaci si dispongono in modo da formare una barriera protettiva tra i Vaniddazza’s e le poche macchie di muffa rimasta.

Sing e’ il piu’ vicino ai monaci e alla muffa. Il bardo percepisce chiaramente l’odore putrido emesso dalla muffa. E’ ancora scosso per l’esperienza visionaria alla quale e’ stato sottoposto. Si sente strano. La paura per la presenza del guardiano ha lasciato il posto ad una rabbia derivante dalle visioni. La sua faccia e’ contorta in una smorfia di odio che adesso e’ rivolta verso la muffa. La placca di metallo sul petto di Sing si spalanca. La sua candela magica si attiva rilasciando la nebbia di cui sono fatte le sue magie. La nebbia lo circonda formando figure di umanoidi. Persone. Le stesse persone che ha visto nelle visioni. La rabbia sale dentro di lui. Poi ruggisce e la nebbia risponde alla sua furia.

Le figure formate dalla nebbia si dissolvono, una dopo l’altra, formando un fascio di energia arcana che investe la muffa, mischiandosi ad essa ed alterandola come acqua in un bollitore. Le ultime due figure si trasformano in proiettili magici che investono la sostanza nera distruggendone una grossa parte.

La parte rimanente della muffa reagisce all’attacco di Sing. L’aria circostante viene riempita di spore protettive mentre piccoli grappoli di funghi, vomitati dalla sostanza gelatinosa, si dirigono verso Sing.

Mentre il bardo indietreggia per evitare le spore, Beauregard accorre in suo aiuto attaccando i grappoli di funghi. A pochi passi, Jan ha attivato il suo cannone magico che inizia a sparare proiettili di fuoco contro le creature. Il bastone di Beau esplode ogni volta che colpisce i funghi i quali vengono immediatamente distrutti.

Nel frattempo la muffa si sta espandendo. Piu’ si allarga, piu’ numerosi sono i funghi che produce. Mantenendosi a distanza, Finnan si concentra e dirige la sua energia magica contro la sostanza nera. Un proiettile di ghiaccio lascia la sua mano in direzione di una larga chiazza di gelatina che esplode all’impatto. Jan estrae la sua pistola e inizia a bombardare la sostanza con l’acido mentre telepaticamente ordina al suo cannone di sparare bordate incendiarie.

Gil-Galad si concentra. Mary, nella sua testa, lo sta incitando. Il paladino crea un proiettile di luce che dirige sulla muffa eliminandone un’ampia porzione. L’ultimo pezzettino di muffa viene distrutto da Nefeli. La maga crea una lama di ghiaccio utilizzando i suoi poteri e la scaglia verso la sostanza gelatinosa. Il pugnale si infila nel terreno a pochi centimetri dal bersaglio. Poi esplode e decine di frammenti di ghiaccio arcano investono la muffa distruggendola definitivamente.

Nefeli si gira a guardare Sing. Il bardo ha ancora gli occhi iniettati di rabbia. Sta muovendo le sue braccia dirigendo la nebbia della sua candela. Dai resti ormai distrutti della muffa, la nebbia si alza formando un flusso che Sing direziona verso est. Il bardo ha notato l’arrivo di altre creature. Due carcasse di animale, completamente ricoperte dai funghi, si avvicinano al gruppo provenendo da est e da ovest. I due esseri hanno grossi pezzi di carne mancanti e cio’ che resta dei loro corpi e’ marcio ed emana un forte odore di morte. Una terza creatura con la forma di un umanoide accompagna l’animale ad est. Anche questa ha la pelle e la carne corrotta dai funghi. 

La nebbia di Sing investe l’animale ad est che si contorce per il dolore. L’attacco del bardo avvisa i compagni della presenza di nuove minacce. I monaci immediatamente si lanciano all’attacco. In maniera coordinata, come in una coreografia studiata e messa in pratica mille volte, i soldati del Cobalt Soul circondano le tre creature ed iniziano a tempestarle di pugni. Ogni colpo stacca dai corpi dei tre bersagli pezzi di carne putrefatta che cadono, inerti, sul terreno della foresta.

Finnan si unisce al combattimento. Usa la sua magia per produrre viticci magici i quali stritolano la creatura ad ovest. Poi con il suo martello, il barbaro distrugge cio’ che rimane del corpo rianimato dell’animale. Jan si concentra sulle creature ad est. Utilizzando la sua pistola il ragazzo produce raggi di fuoco che raggiungono, distruggendolo, il corpo dell’umanoide.

La battaglia e’ finita e il gruppo riprende fiato circondato dal fetore dei brandelli di carne putrida e corrotta dei loro nemici. Il terreno erboso della foresta si smuove ed il guardiano Naga riemerge ancora una volta.

Ora andate via,” dice, “non siete puri abbastanza per questo posto“.

Jan chiede al guardiano cosa vuol dire “essere puri”. Il Naga smette di ondeggiare e chiude gli occhi condividendo i suoi pensieri con il giovane umano. La mente di Jan fa fatica a comprendere i ragionamenti dell’antica creatura. Il suo cervello trasforma la conoscenza condivisa dal Naga in semplici idee. La Porta Divina, la barriera che circonda Exandria, e’ come una griglia. Innumerevoli maglie che proteggono il mondo materiale dagli altri piani di esistenza. Tra le maglie c’e’ spazio. Piccolo abbastanza da permettere deboli interazioni con i mondi esterni. Piccolo abbastanza da impedire il passaggio degli Dei. Quando una persona ha un collegamento speciale con una Divinita’ allora la comunicazione puo’ avvenire attraverso gli stretti passaggi, attraverso le maglie della Porta Divina. Questo vuol dire avere animo puro.

Jan ringrazia il guardiano per le informazioni ed il gruppo si rimette in viaggio. La sera, la compagnia si accampa nella foresta e Sing e Nefeli si offrono di fare la prima guardia. Sing e’ ancora molto sconvolto da cio’ che gli e’ successo. Nefeli cerca di tranquillizzarlo dicendogli che non e’ cambiato nulla e che lui e’ sempre lo stesso. Ma il bardo si sente diverso. Sente di aver recuperato parte della sua memoria.

Mentre Sing e Nefeli parlano, nella foresta echeggia, ancora una volta, la dolce e appena udibile litania che ha accompagnato il sonno della compagnia nei giorni precedenti. Troppo presi dalla loro conversazione, i due amici non si accorgono che uno fata della foresta si e’ avvicinata e, usando la sua melodia, sta piantando nelle loro menti, come un seme nel terreno, la sua magica illusione.

All’alba, tutta la compagnia si sveglia sotto l’effetto dell’illusione della Fata: il destino di ognuno di loro e’ aiutare la creatura fatata ad abbellire la foresta. Ognuno a suo modo si dedica con passione a curare e adornare la natura. Le piante e gli alberi reagiscono ai loro comandi muovendosi e disponendosi secondo le loro indicazioni. Jan adorna gli alberi con i fiori piu’ esotici. Nefeli usa la sua magia per creare giochi di luce che, dall’interno dei tronchi, colorano ed illuminano gli alberi della foresta. Finnan crea composizioni di cespugli e piante che ricordano la colonia dei Myconyd. Sing crea giardini ed utilizza i suoi poteri per produrre melodie simili a quelle della fata. Gil-Galad utilizza le liane per formare lunghe trecce con cui adorna le chiome degli alberi piu’ alti. Agli occhi del paladino, le sue composizioni ricordano lunghi capelli che si distendono sulla schiena di meravigliose donne. Agli occhi dei suoi compagni, pero’, le trecce sembrano un confuso e piuttosto agghiacciante intreccio di corde aggrovigliate.

Anche Beau e i monaci del Cobalt Soul si dedicano, per tutta la giornata, ad esaudire il desiderio della fata. Mentre i suoi compagni ripuliscono gli alberi e le piante dal terreno, Beauregard utilizza i fiori per creare un’immagine del volto della sua compagna Yasha.

Giunta la sera, lentamente, il gruppo riprende possesso della propria mente e si rende conto di essere stato ammaliato dal canto della fata. Ad ognuno di loro, pero’, rimane addosso la piacevole sensazione di aver contribuito al meraviglioso spettacolo offerto dalla foresta. E, nonostante abbiano perso un giorno di viaggio, sono confortati dal pensiero che chiunque attraversera’ la foresta potra’ godersi i fiori di Jan, i giochi di luce di Nefeli, i prati cantanti di Sing, le composizioni di Finnan e le trecce inquietanti di Gil-Galad.

Il giorno successivo, il gruppo riprende il suo viaggio. Nel tardo pomeriggio del sesto giorno, il carro emerge dalla foresta e si ritrova sulla collina che campeggia a nord di Rexxentrum. Dall’alto i Vaniddazza’s ammirano l’enorme citta’, con il suo intricato dedalo di strade, case, palazzi, torri e mura. Sono nel cuore dell’Impero e il loro destino e’ ancora tutto da scrivere.

Sessione 60: Xercenty

Beauregard indica la zona centrale della citta’, circondata da mura pentagonali. “Quello e’ il castello del re,” dice, “e quelle sono le candele”. Dalla distanza, le torri dei capi del Cerberus Assembly sembrano effettivamente candele a protezione del castello.

Beau indica la zona sud della citta’. “Quello e’ il mosaico. Li’ potrete nascondervi. Le guardie della corona evitano di pattugliare il quartiere e, se tenete un profilo basso, nessuno vi notera'”. Beauregard spiega che entreranno in citta’ dalla porta sud ma i Vaniddazza’s dovranno superare i cancelli per conto loro. Il Cobalt Soul non puo’ rischiare di essere accusato di proteggere persone della Dinastia Kryn.

Il gruppo si prepara per entrare in citta’. Nefeli assume le sembianze di un’umana dai capelli scuri. Jan assume le fattezze di un vecchio fabbro intenzionato a cercare nuovi clienti a Rexxentrum. Finnan decide di presentarsi come un gladiatore in cerca di gloria. Il barbaro e’ il primo a presentarsi ai cancelli. I suoi amici seguono a qualche passo di distanza. Un drappello di soldati e’ a guardia dell’ingresso ma uno solo di loro sta controllando gli arrivi. 

“Chi sei e che cerchi in citta’?” chiede la guardia con tono annoiato. “Sono venuto per partecipare ai tornei nell’arena”. “Un mezz’uomo combattente? Non se ne vedono molti in giro”. La guardia sembra scettica. L’enorme martello da guerra di Finnan lo ha insospettito. Dietro di lui, i Vaniddazza’s si preparano al peggio.

Un umano dai lunghi capelli biondi raggiunge Finnan e gli poggia un braccio sulle spalle, con l’atteggiamento di un vecchio amico. Poi, rivolgendosi alla guardia dice: “Ehi Nol, questi sono miei amici, lasciali passare”. 

“E tu chi sei? E come sai il mio nome?” chiede la guardia.

“Nol, mio caro amico, tu mi prendi in giro. Tutti mi conoscono in citta.”

L’uomo strizza l’occhio a Finnan e poi, come un attore su un palcoscenico, inizia a parlare alla guardia con atteggiamento drammatico.

“Io e i miei amici siamo qui per ispirare il re e i suoi sudditi. Noi siamo intrattenitori. Stupiamo, divertiamo, sorprendiamo.”

Inizia a muoversi tra i Vaniddazza’s come se stesse presentando gli attori di uno spettacolo teatrale. Sottolinea con la voce e con i gesti le sue parole.

“Spaventiamo, inventiamo, incantiamo”. Poggia le braccia sulle spalle di Sing, Jan e Nefeli associando ognuno di loro ad una delle emozioni che presenta.

“Diamo forza, speranza, amore”. Adesso sta presentando Gil-Galad.

“Noi nascondiamo e lasciamo trovare, camuffiamo per rendere palese, prendiamo per dare e diamo per prendere. Noi siamo la speranza che il popolo anela e la gioia che i cittadini di questa bella citta’ meritano”.

Nol e’ rapito dalla presentazione dell’uomo. “Teatranti quindi? Ok passate pure” sta sorridendo come un bimbo felice. 

Superate le guardie, l’umano, rivolto a Finnan dice: “E’ stato facile, no?”. Sta camminando all’indietro mentre si allontana dal gruppo. Istintivamente le mani di Finnan corrono a controllare le borse dei soldi. L’uomo sta continuando a parlare. “Grazie per la compagnia”. Finnan si accorge che manca uno dei suoi borselli. L’uomo estrae un sacchettino. “E grazie per il vostro regalo”. Sorride, si inchina e poi inizia a correre via.

Finnan ha un attimo di esitazione. L’uomo gli ha rubato almeno 50 pezzi di platino. Il barbaro parte all’inseguimento. Sing, Gil-Galad e Nefeli seguono subito. Jan sta ridendo per il trucco dello sconosciuto. Tenendosi a distanza segue, divertito, i suoi amici.

Lo sconosciuto scappa infilandosi tra i mille vicoletti del mosaico. In alcuni punti le stradine del quartiere sono larghe meno di un metro. Ad ogni incrocio la strada si apre in un intricato dedalo di altri vicoletti. Seguire lo sconosciuto e’ difficile e Finnan teme di non riuscire a prenderlo. Il barbaro si rende pero’ conto che l’umano non ha intenzione di seminarli. In realta’ si sta facendo seguire fino ad un’abitazione all’interno della quale scompare chiudendosi alle spalle una pesante porta di legno.

I Vaniddazza’s raggiungono l’abitazione qualche secondo piu’ tardi. Decidono di entrare. All’interno c’e’ un’unica stanza quadrata. La porta si richiude da sola e il gruppo si trova intrappolato in una stanza senza finestre o porte.

Nefeli nota immediatamente un’anomalia. Nonostante l’assenza di aperture, nella stanza c’e’ luce. Controlla il pavimento e si rende conto che quelle che sembrano assi di legno sono in realta’ un’illusione magica. Sta per avvisare i compagni quando il pavimento scompare e il gruppo inizia a precipitare.

Il pavimento magico nascondeva un tunnel verticale che si inabissa per una trentina di piedi. Lungo il percorso ci sono picche di legno appuntite. Jan e Gil-Galad si feriscono sulle picche e cadono malamente sul fondo pietroso del tunnel. Finnan, Nefeli e Sing, invece, riescono a raggiungere il pavimento senza danni.

Ad attenderli c’e’ l’umano biondo. “Cercavate questo” chiede mostrando il borsello di Finnan. “Beh, allora, venite a prenderlo.”

Il collo dell’umano inizia ad allungarsi. Le braccia si trasformano in due poderose zampe ricoperte di scaglie. I tessuti del corpo umano si strappano e formano spruzzi di carne e sangue che si trasformano in lapilli incandescenti di lava. L’essere e’ a quattro zampe. Una lunga coda inizia a formarsi ricoprendosi velocemente di spine dorate che, mentre si propagano lungo la schiena della creatura, ne cambiano il colore del corpo. La faccia si allunga formando il muso pieno di denti aguzzi di un gigantesco, famelico, drago dorato.

 

La trasformazione prende il gruppo alla sprovvista. Finnan e’ il primo a reagire. Il barbaro si trasforma in goblin cercando di emulare la plateale performance dello sconosciuto. Il drago sorride. “Bene, mostratemi di cosa siete capaci!”

Inizialmente il gruppo non attacca l’enorme creatura d’oro. Jan sa che i draghi di metallo sono creature inclini al bene. Cerca di parlare con lo sconosciuto spiegandogli le buone intenzioni sue e dei suoi amici. E il gruppo lo segue astenendosi da ogni tipo di attacco.

Il drago salta in mezzo al gruppo. “Vi ho osservati nella foresta. Non siete dei codardi,” dice e sbatte le potenti zampe anteriori sul pavimento della grossa stanza sotterranea. “E qui non si tratta di fare cio’ che volete. Qui si tratta di fare cio’ che dovete”. Sbatte di nuovo le zampe e le pietre del pavimento iniziano ad inabissarsi. Sotto la caverna scorre un fiume di lava. Nel pavimento, le pietre inabissate lasciano il posto a rivoli di magma incandescente. 

Finnan afferra il martello e si concentra mentre il potere di Pelor lo trasforma nell’Avatar del Mattino. L’aura che lo circonda si espande a protezione dei suoi compagni. Jan, Nefeli e Sing si allontanano dall’enorme creatura mentre cercano di evitare le lingue di lava nel pavimento. Gil-Galad estrae la sua frusta e si prepara ad attaccare.

“Bene,” dice il drago, “cominciamo”.

Finnan e Gil-Galad si avvicinano all’enorme creatura per affrontarla. Il barbaro usa il suo martello mentre Gil-Galad scocca la sua frusta. Nefeli si concentra per evocare una creatura d’ombra che scaglia contro il drago. Ora l’enorme animale e’ circondata da tre nemici. Con incredibile agilita’ e forza, il drago schiva e para i colpi ricevuti mentre risponde agli attacchi con i suoi artigli e con i suoi morsi.

Dalla distanza Jan sta usando la sua pistola. Il giovane umano e’ convinto che la creatura li stia sottoponendo ad un test e cerca di impressionarla con le sue doti magiche. Pronunciando frasi ad effetto e usando pose plastiche, Jan spara pallottole di fuoco verso il drago. Quando, pero’, riesce a colpire il bersaglio, il ragazzo si rende conto che il fuoco non puo’ ferire l’animale d’oro ed inizia ad usare proiettili di acido.

Mentre Sing usa i suoi poteri per curare gli amici, Nefeli utilizza la magia per colpire il drago. La battaglia e’ ormai furente. Il drago e’ bersagliato da diverse direzioni ma non sembra subire danni.

Gil-Galad assesta un altro colpo con la sua frusta. Quando i denti di serpente mordono il collo del drago, Gil-Galad nota che l’animale sta assorbendo energia dalla lava che circonda le sue zampe. La sostanza incandescente sembra risalire le scaglie che formano il corpo del drago per sanarne le ferite.

Il paladino, allora, capisce che il drago si sta curando ed estrae il suo rapier magico. Nel momento in cui la lama dell’arma di Gil-Galad trafigge il corpo del drago, la lava smette di fondersi con il corpo dell’animale. Per la prima volta la creatura dorata emette un gemito di dolore. 

I Vaniddazza’s continuano ad attaccare il drago che adesso inizia a mostrare i segni delle ferite ricevute.

“Va bene, basta cosi’.”

La voce tuonante del drago mette fine al combattimento. I Vaniddazza’s smettono di attaccarlo e lentamente le scaglie scorrono sul corpo dell’animale che torna ad assumere forma umana. Mentre le pietre emergono dalla lava a formare di nuovo il pavimento della caverna lo sconosciuto si aggiusta i lunghi capelli biondi. “Benvenuti nella mia casa,” dice, “io sono Xercenty ed e’ un piacere conoscervi.”